ELISABETTA D'UNGHERIA: UNA VITA ALLA LUCE DELLA PROPRIA VOCAZIONE



La vita di Santa Elisabetta d'Ungheria è stata un esempio di perfetta conformità alla volontà di Dio e di fedeltà alla propria posizione nella vita. Fu circondata da ricchi, eppure non si lasciò mai distrarre dall’amore verso i poveri. Era profondamente innamorata di un uomo che la ricambiava, eppure non ha mai messo Dio al secondo posto nel suo cuore. Aveva tutto e non sentiva bisogno di nulla; ciò che riceveva lo regalava.

Non fu mai amareggiata quando la fortuna le si voltò contro. Accettò il dolore della morte del marito in maniera realmente cristiana, ed accolse la propria con la medesima rassegnazione.
La sua storia non è una leggenda, ma si pone come una lezione affinché tutti possiamo imitarla. Sia che tu viva in un castello o in un appartamento, S. Elisabetta d'Ungheria ti invita a seguire i suoi passi verso il trono di Dio, accettando la Sua volontà nella tua vita.

Perché dietro un titolo, così come sotto una corona, ci sono carne, sangue e anima di una persona che vive la sua vita alla luce della propria vocazione e questo è tanto più vero per ognuno di noi. Lasciamoci ispirare dalle esperienze di coloro che ci hanno preceduto, prima ancora che nel cielo, a camminare – a piedi scalzi – sulla nuda terra di questo mondo.

Cari fratelli e sorelle, nella figura di santa Elisabetta vediamo come la fede, l'amicizia con Cristo creino il senso della giustizia, dell'uguaglianza di tutti, dei diritti degli altri e creino l'amore, la carità. E da questa carità nasce anche la speranza, la certezza che siamo amati da Cristo e che l'amore di Cristo ci aspetta e così ci rende capaci di imitare Cristo e di vedere Cristo negli altri. Santa Elisabetta ci invita a riscoprire Cristo, ad amarLo, ad avere la fede e così trovare la vera giustizia e l'amore, come pure la gioia che un giorno saremo immersi nell'amore divino, nella gioia dell'eternità con Dio.

 

Per quale motivo festeggiamo un santo o una santa? Perché la sua vita può essere di stimolo, di esempio e di aiuto per plasmare la nostra. Guardando a lui o a lei, abbiamo l’opportunità di verificare il nostro cammino, e vedere se siamo diretti verso la meta giusta.
Nel proclamare la santità di una persona, l’autorità ecclesiastica mette in risalto le virtù teologali vissute in modo eroico. La peculiarità della vita viene proposta come modello di riferimento a tutti cristiani.
Guardando a Santa Elisabetta, penso, anzi ne sono certa, che abbia interpretato e vissuto al meglio il messaggio cristiano. Sebbene regina, seppe “uscire” dal suo palazzo e mettersi a “servizio” dei poveri, dei malati, dei più bisognosi. Comprese le necessità primarie delle persone, perché andò in mezzo a loro; non solo, ma distribuì quanto poteva, e, soprattutto, li aiutò moralmente e spiritualmente.
Papa Francesco, dal giorno della sua elezione, si è ripetutamente fatto portavoce di questa sensibilità verso il prossimo. Il cristiano non può più rimanere chiuso in se stesso, nelle sue finte sicurezze e certezze, il cristiano deve uscire. Così ha detto:

Abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare, di cui parlava Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo “poverino”, e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci tranquillizziamo, ci sentiamo a posto. La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. … Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!”

“ … Gesù ha detto: «gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8).
“ … Andare avanti in modo costruttivo e fecondo nei diversi ruoli e responsabilità significa capacità di analizzare, comprendere e donare, abbandonando qualsiasi tentazione di potere, di possedere sempre di più o di cercare il proprio interesse invece di servire la famiglia umana e, in essa, specialmente i meno abbienti, a coloro che ancora soffrono fame e malnutrizione.”.

Anche noi, fratelli e sorelle dell’Ordine Francescano Secolare, sulla scia e sull’esempio di Santa Elisabetta e delle indicazioni del Papa, dobbiamo uscire dalle nostre mura e metterci al servizio degli ultimi, dei poveri, degli affamati.