"Non desiderare la moglie del tuo prossimo"... NONO COMANDAMENTO



Nono Comandamento

"Non desiderare la moglie del tuo prossimo" (Es. 20,17)

Questo comandamento riguarda l'intenzione del cuore, si collega al sesto, nel quale fra le altre mancanze viene condannato l'adulterio. Se è peccato prendere la moglie di un altro, è peccato anche il desiderio di prenderla, “chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore" (Mt. 5,27-28). Adultero non è solo chi giunge all'atto di peccare con un'altra donna, ma anche chi vorrebbe farlo se ne avesse l'occasione, guardando con fame di sensi la donna o l'uomo non suoi. Non è male desiderare una donna o un uomo se sono belli e attraenti: saremmo dei malati se non lo facessimo. La bellezza e l'istinto sessuale vengono da Dio. Il male è desiderare dopo aver contemplato e volere dopo aver desiderato. Volere e cercare di avere a tutti i costi ciò che non ci appartiene. Bisogna quindi stare attenti anche con i pensieri e i desideri, perché siamo fragili. La prudenza, che è la prima delle quattro virtù cardinali, ci aiuta a non sbagliare.

Si può rubare una donna anche col desiderarla e si può desiderarla anche senza rubarla. Nel primo caso è peccato, nel secondo no. Si ruba la moglie ad un marito o un marito ad una moglie anche con un semplice sguardo, quando lo sguardo è malizioso, cioè quando si passa dallo sguardo al desiderio, dal desiderio alla seduzione, dalla seduzione all'accordo, dall'accordo all'atto. Dai nascosti desideri maligni nascono le aperte azioni cattive. È dal cuore che provengono "gli omicidi, gli adultèri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie" (Mt. 15,19). Dobbiamo quindi purificare il nostro cuore, desiderando solo ciò che è buono e volendo solo ciò che è bene, poiché la pienezza della gioia e della soddisfazione non si può raggiungere su questa terra. Non desiderare la donna d'altri significa anche non ridurre la persona da soggetto a oggetto. Questo peccato può verificarsi anche all'interno del matrimonio, quando un coniuge desidera l'altro solo come strumento per soddisfare la propria libidine. Il vero amore non è mai egoistico e ristretto, bensì generoso e aperto. Il vero amore non si costruisce nel ricevere, ma nel dare.

Il nono comandamento richiede di vincere la concupiscenza carnale nei pensieri e nei desideri. La lotta contro tale concupiscenza passa attraverso la purificazione del cuore che presuppone la limpidezza delle intenzioni, la trasparenza dello sguardo, la disciplina dei sentimenti e dell'immaginazione con la pratica della temperanza.

L'obiettivo del comandamento è la fedeltà reciproca tra uomo e donna nel matrimonio, la loro fedeltà sarà completa solamente se sapranno essere fedeli l'uno all'altra nel pensiero e nel desiderio, e sapranno giungere a una trasparenza totale tra di loro.

Talvolta ci accorgiamo che dentro di noi, si svolge come una lotta tra le tendenze e i desideri dello Spirito, che ci mostrano il bene, e le tendenze della carne, che ci spingono a fare il male: è il combattimento spirituale. È il cuore, infatti, che bisogna purificare perché, S. Matteo dice: "Beati i puri di cuore perché vedranno Dio". I puri di cuore sono quelli che cercano di vivere la santità di Dio nella loro vita.

San Giovanni distingue tre tipi di smodato desiderio o concupiscenza: la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita. La "concupiscenza", è ogni forma veemente di desiderio umano e il moto dell'appetito sensibile che si oppone ai dettami della ragione umana, genera disordine nelle facoltà morali dell'uomo e, senza essere in sé stessa una colpa, inclina l'uomo a commettere il peccato. Dunque, cosa salva l’uomo? La Grazia di Dio, perché con la grazia di Dio, si giunge alla purezza del cuore, mediante la virtù e il dono della castità: la purezza d’intenzione, la purezza dello sguardo, esteriore ed interiore e la preghiera. La purezza, però, esige il pudore perché preserva l’intimità della persona.